"Alice rise: "è inutile che ci provi, non si può credere a una cosa impossibile".
"Oserei dire che non ti sei allenata molto", ribatte la regina.
Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz'ora al giorno. A volte riuscivo a credere a sei cose impossibili prima di colazione". (Lewis Carroll)

La storia della cosmetica n. 8

L’epoca d’oro per la cosmesi sicuramente è rappresentata dal Settecento, che appare come un periodo di prosecuzione delle tecniche del Seicento, ma rese ancor più innovative ed esasperate. Parigi rappresentava la città nella quale l’uso e l’abuso di cosmetici e di stravaganze nella moda dettò legge, imponendo nuovi must nel settore molto ammirati, invidiati e copiati in tutte le corti d’Europa. Nella corte francese di Luigi XIV, uomini e donne davano sfogo a manie di eccentricità e di protagonismo sfoggiando, look improbabili e bizzarri. La parrucca, già adoperata sia dagli uomini che dalle donne, fu allungata e resa maggiormente voluminosa. I colori delle parrucche passarono dal bruno al biondo o quasi bianco, sulla scia di quelle veneziane, attraverso tinture o prodotti schiarenti oppure semplicemente venivano incipriate. Le parrucche maschili erano incipriate, con i capelli lunghi, legati a coda con un fiocco, oppure raccolti in una reticella. Le parrucche femminili erano delle vere e proprie sculture. Sul capo le signore portavano parrucche altissime, arricchite da nastri, fiori, piume e persino da modellini che rappresentavano mulini a vento, velieri o carrozze che raggiungevano talvolta una tale altezza da costringere le dame ad inginocchiarsi per poter entrare in carrozza. Per quanto riguarda i profumi, anche nel Settecento continuarono ad essere massicciamente utilizzati, tanto che Luigi XIV, per favorire l’espansione del commercio francese dei profumi, garantì alla corporazione dei parfumeurs-gantiers   numerose patenti, promuovendo politiche che favorissero l’espandersi della produzione dei guanti in pelle profumata, saponi e profumi distillati. I profumi erano utilizzati anche quale alternativa al bagno, visto ancora con sospetto sempre per la già citata teoria del corpo poroso. “Il profumo più famoso, sicuramente era l’eau de Cologne creata nel 1709 quale farmaco preventivo della peste, da Gian Paolo Feminis, un barbiere lombardo che aveva lasciato il paese natale per cercare fortuna all’estero, a Colonia. L’acqua di Colonia era costituita da alcool d’uva aromatizzato con le tradizionali erbe aromatiche italiane: neroli, bergamotto, lavanda e rosmarino, ed era chiamata inizialmente “aqua admirabilis” per le qualità medicinali che le si attribuivano. Ben presto questo “farmaco” godette di popolarità presso la corte francese adottato ben presto come profumo. Feminis chiese aiuto perciò ad un suo parente, un certo Giovanni Maria Farina, perché lo assistesse negli affari, e sarebbe stato proprio questi a brevettare la famosa formula dell’ eau de Cologne.”
Il maquillage, parola coniata in questo periodo, riguardava l’applicazione di un fondotinta bianco, detto “cerussa”, composta da biacca di piombo e della cipria. La cerussa era fortemente utilizzata, ma il suo uso prolungato danneggiava profondamente la pelle, provocandone delle evidenti cicatrici. La cipria era, invece, un prodotto tipicamente veneziano, esportato anche in Francia, molto apprezzato dalle dame, da applicare sopra la cerussa per rendere ancora più bianco il viso. La cipria, detta anche “polvere di Cipro”, proveniva per l’appunto da quest’isola che era stata un possedimento veneziano. La sua composizione riguardava principalmente talco e amido in polvere. La cerussa e la cipria costituivano la base-viso del trucco. Sulle guance, oltre che ai nei posticci, era applicato molto fard per renderle colorite. Il rossetto non poteva mancare ed andava a completare il look, delineando labbra sempre più piccole e rosse.
Una delle regine dell’epoca, ricordata quale amante dei cosmetici e della moda ed icona di stile, fu Maria Antonietta (1755-1793). La sovrana, famosa per le sue parrucche, per i bellissimi abiti, ma anche per la sua straordinaria bellezza, incarnava lo stereotipo di raffinatezza e di donna del Settecento.


In Italia, soprattutto a Venezia, centro più elegante dell’epoca, si adoperavano profumi e cosmetici più che in altro luogo ed anche lì, come in Francia, erano presenti i cosiddetti cicisbei, ovvero uomini molto truccati, quasi quanto le donne, che portavano sempre con loro l’indispensabile kit per il trucco: scatoletta con la cerussa bianca, la cipria, il rouge per labbra e zigomi, nonché gli immancabili nei posticci. Venezia, come Parigi, era considerata uno dei centri di maggior produzione e commercio di prodotti cosmetici. Grazie alle colonie (soprattutto quelle ioniche) in suo possesso ed ai rapporti commerciali con l’Oriente, la Serenissima poteva approvvigionarsi delle materie prime necessarie alla produzione di cosmetici e profumi. “Nel corso del XVIII secolo, Venezia produceva ed esportava enormi quantità di cipria e la città era molto attenta a conservare la posizione di preminenza. Il governo della Serenissima Repubblica emanò molti decreti alla fine del XVII e nel XVIII secolo, concedendo monopoli e imponendo tasse sull’importazione. Nonostante la rivale francese ed i numerosi commerci intrapresi dalle varie corti europee, i cosmetici italiani non avevano ancora perso del tutto il loro monopolio. Il rouge brillante detto rouge italiano era utilizzato in gran quantità. Disponibile in dodici diverse sfumature, richiedeva quasi un’ora per essere applicato interamente, e lo si spargeva con un largo pennello non solo sulle guance ma anche sul mento, la fronte, le narici, i lobi delle orecchie, sulle spalle, ed anche sui palmi delle mani e persino tra le dita. Mentre le donne italiane si affidavano più a polveri per il viso dalle sfumature rosate che non rosse, di queste si dice che nel 1781 le donne francesi ne consumassero due milioni di vasetti l’anno!”

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